La fantasia inconscia viene definita in primo luogo in rapporto al corpo, sia in quanto espressione mentale della pulsione e quindi dell’Es, sia attraverso la descrizione di come le prime fantasie nascono dalle sensazioni del corpo, già a partire «dagli stimoli massivi e vari della nascita e della prima inspirazione ed espirazione dell’aria» (ivi).
La definizione della fantasia quale “rappresentante psichico della pulsione”, se da un lato si pone in continuità col pensiero di Freud, rilevandone l’esigenza di mantenere alle manifestazioni psichiche un legame con il corpo ed i suoi bisogni, dall’altro, svincolandosi dai concetti più tradizionali di investimenti e cariche energetiche, reinterpreta il legame con il corpo in modo nuovo e originale alla luce di importanti ed innovative intuizioni cliniche ed osservatine sulla vita mentale più precoce, in cui appare in primo piano il ruolo della sensorialità.
Le esemplificazioni della Isaacs mirano a descrivere la massiccia e concreta presenza di questo livello sensoriale somatico nella vita psichica del bambino nell’intento di cogliere il passaggio dal livello sensoriale a quello più mentale dell’immagine e della rappresentazione. Nella fantasia questo passaggio è comunque già avvenuto. La preoccupazione, in continuità con l’esigenza di Freud di ribadire il carattere mentale dei fenomeni inconsci, sembra essere quella di garantire anche a queste prime manifestazioni un carattere mentale o psichico, senza sottovalutarne la componente sensoriale – corporea.
Le fantasie inconsce, in quanto rappresentazioni mentali di quegli eventi somatici che comprendono le pulsioni, «derivano da sensazioni fisiche interpretate come relazioni con gli oggetti che causano tali sensazioni» (Hinshelwood, 1989, pag. 35) , nascono dalle sensazioni e dagli affetti, molto prima dello sviluppo del linguaggio, e, probabilmente, all’inizio senza immagini visive o plastiche. Il neonato, per la Isaacs, non vive una dicotomia tra il corpo e la mente ma «una singola e indifferenziata esperienza», in cui corpo e mente non sono ancora distinti e separati. «Queste sensazioni — e immagini — sono una esperienza corporea che all’inizio in modo molto inadeguato si correla all’oggetto esterno e spaziale, i dati che provengono dalle sensazioni cenestetiche, genitali e viscerali non ne hanno bisogno. Essi tra- smettono la fantasia che ha una concreta qualità corporea, un “proprio me” (meness), sperimentato nel corpo. A questo livello è cosa ardua, se non impossibile, distinguere le immagini dalle sensazioni reali e dalle percezioni esterne. La pelle non è affatto sentita come un elemento che delimita la realtà esterna dall’interna» (ivi).
Le fantasie primitive sono vissute quindi come fenomeni sia somatici che mentali: sia gli oggetti fantastici che l’appagamento che ne deriva sono vissuti come accadimenti fisici.
La formulazione della Isaacs condensa insieme sia il legame con il corpo, attraverso la sensorialità primitiva, che il legame con l’oggetto, sempre presente nella fantasia, sottolineandone la coloritura intensamente affettiva.
Le esperienze fisiche sono vissute ed interpretate come relazioni oggettuali fantastiche, con intenso significato emotivo (e viceversa le fantasie sono legate tanto strettamente alla sfera somatica da poter influire sul funzionamento fisico). Le fantasie primarie sono determinate dalla logica delle emozioni, sono “intrise di sensazioni ed affetti” ed esprimono una “interpretazione affettiva” delle sensazioni corporee.
Le fantasie riguardano sempre una relazione tra il sé e l’oggetto, in quanto «la relazione con l’oggetto è connaturata al carattere e alla direzione dello stesso impulso e agli affetti ad esso connessi» (ivi). Ma l’oggetto non è più l’astratta meta dell’istinto bensì una presenza concreta e affettiva nella mente del bambino, di cui la fantasia esprime la connaturata e ineliminabile intenzionalità verso gli oggetti. Nella fantasia il bambino fa qualcosa ad un oggetto o subisce da esso un’azione. La fantasia quindi, per quanto narcisistica possa apparire, contiene sempre una relazionalità.
Più complesso è il rapporto tra fantasia inconscia e realtà esterna. Nella formulazione della Isaacs le fantasie «esprimono per prima cosa una realtà interna e soggettiva, sebbene, fin dall’inizio siano connesse con una reale, seppure angusta e limitata, esperienza della realtà esterna» (ivi). Sia la fantasia, sia la prova di realtà, sono presenti infatti fin dai primissimi giorni di vita. Le sensazioni, non importa quanto selettivamente enfatizzate ad opera della pressione degli affetti,mettono la mente in contatto sia con la realtà esterna, sia con gli impulsi e i desideri. «Da un certo punto in poi, — certamente dalla nascita, sebbene all’inizio non siano vissute come esterne, — le percezioni provenienti dalla realtà esterna cominciano ad influenzare i processi mentali; così le prime esperienze corporee e gli avvenimenti esterni gradualmente si intrecciano nella trama della fantasia» (ivi).
Interazioni, 2, 6, 1995, pp. 165-170