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Famiglie a rischio psichico

N. 2 / 1993 - Francoangeli

Editoriale

+Anna Maria Nicolò-Corigliano e Massimo de Rysky A proposito di rischio psichico

Con questo numero la rivista Interazioni, oltre ad ospitare pregevoli contributi stranieri di
carattere clinico (Magagna, Rybak, Debenedetti), si accinge ad esplorare un tema complesso e ancora in parte sconosciuto. Pur consapevoli delle molte sfaccettature del concetto di rischio (solo per citarne qualcuna: rischio iatrogeno, rischio di effettuare una psicoterapia, o rischio professionale per l’operatore, per lo psicoterapeuta, ecc.) abbiamo scelto di privilegiare il quesito: «Quali sono gli indicatori di rischio psicopatologico nella famiglia o in un contesto istituzionale?». Dai contributi presenti in questo numero se ne evince che il rischio psicopatologico va correlato alla capacità di cambiamento nel corso del tempo (Pandolfi, Taccani). Esistono naturalmente molto modi di intendere la capacità di cambiamento, uno di essi è sicuramente la possibilità di superare il regime narcisistico che per sua natura tende all’immobilità; per passare ad un regime oggettuale. L’importanza di valutare il cambiamento nel corso del tempo sembra essere presente anche nel lavoro di Ammaniti, Pola, Speranza, che ci parlano delle perturbazioni dello sviluppo ove si crea una regolazione rigida nel tempo perché il programma evolutivo del genitore non si adegua ai mutamenti del bambino. La rigidità e la ripetitività della condizione patologica all’interno della situazione istituzionale è, anche per Innocente, Luoni e Montinari, una delle condizioni da evitare tramite un progetto terapeutico complesso e diversificato che consenta una protezione dello sviluppo, nei casi in trattamento. Ma una situazione rischiosa comporta anche potenzialità positive. Essa si configura, secondo Scabini, come una tematica di confine, il che implica «una revisione sostanziale di paradigmi tradizionali fondati sulla dicotomia di categorie contrapposte: normale-patologico, adattatodisadattato ». Emerge così l’importanza di considerare il rischio non solo come scoglio, ma anche come opportunità e di inserirlo all’interno di una dimensione processuale. Uno dei pochi analisti che – per quanto ne so – si è occupato di questi argomenti, è per certi versi Winnicott a cui si devono suggestive descrizioni sul funzionamento della famiglia, sui ruoli e le funzioni dei suoi membri e sul loro reciproco rapporto. In un lavoro non molto famoso, “Tolleranza del sintomo in pediatria”, egli descrive un trattamento di un bambino enuretico «effettuato in massima parte dai genitori stessi» che gli serve ad avvalorare la tesi che a volte piccoli pazienti «si servono di un periodo di malattia per superare un disturbo nello sviluppo della loro personalità». L’ottica che in tutta la sua opera e anche in questo lavoro Winnicott ci propone è pertanto lontana dall’essere classificatoria, ma inquadra ogni problema in un contesto più generale ove anche il sintomo può diventare uno strumento di crescita o invece l’occasione di un blocco definitivo. Sicuramente in questa dimensione il contesto, l’ambiente, la famiglia sono particolarmente importanti. Cosa sia una famiglia, la usa identità, le rappresentazioni familiari, questo è il quesito cui si dispone a rispondere Manfred Cierpka.

Articoli

+Anna M. Pandolfi, Simona Taccani Capacità di cambiamento e indicatori di rischio nella clinica familiare

+A Massimo Ammaniti, Marisa Fola, Anna Maria Speranza Relazioni e interazioni familiari a rischio: la prospettiva dell’attaccamento

+Manfred Cierpka Lo sviluppo del «sentimento familiare»

+Eugenia Scabini La famiglia tra rischio e risorse