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Collusione di coppia

A cura di: Dario Bosi, Carla Santa Maria

Tratto da Interazioni n° 1

Processo attivo nella costituzione e nel consolidamento della coppia in cui si verifica un’attribuzione reciproca, a livello inconscio, di bisogni e sentimenti condivisi

Il termine «collusione» è frequentemente usato nella pratica clinica da operatori di diverso orientamento teorico. la sua stessa radice etimologica, dal latino cum ludere – giocare insieme, rimanda al campo delle relazioni interpersonali.
Nella lingua italiana ha assunto il significato di «intesa segreta fra due o più persone per conseguire un fine illecito o concordare una linea comune d’azione ai danni di terzi» (De Voto e Oli). Significato che inequivocabilmente associa l’intesa alla segretezza, al tramare sotterraneo e alla delimitazione dagli altri, esclusi e possibili vittime dell’intesa.

Il temine, trasposto dal campo del diritto alla psicologia delle relazioni, conserva il suo senso originario: il segreto rimanda all’inconscio; il «fine illecito» ai complessi rapporti tra la coppia e il gruppo sociale così come analizzati da vari autori (Bion, Kernberg).
Per i tecnici della relazione il termine collusione rimanda a diversi referenti teorico-clinici, a seconda delle differenti aree di formazione: H.S. Sullivan e la teoria delle relazioni interpersonali, R.D. Laing e l’orientamento fenomeno logico-esistenziale, J. Haley e la scuola di Palo Alto, in campo sistemico.

Meno conosciuto e di recente introduzione in Italia è il contributo di Dicks, autore di scuola psicoanalitica inglese, con una vasta esperienza nel campo della patologia della coppia presso la Tavistock Clinic di Londra. Di formazione kleiniana, Dicks integra nella sua elaborazione teorica l’esperienza clinica con le concettualizzazioni dei teorici delle relazioni oggettuali, in particolare Fairbairn, Balint, Klein.

L’unità da percepire e da studiare è per Dicks la coppia interagente. L’attenzione ai legami inconsci profondi gli consente di individuare intorno alla coppia un confine congiunto dell’io (o membrana diadica). Cambia di conseguenza anche la valutazione della psicopatologia: non più attribuita a «una singola figura contro lo sfondo, ma attributo della relazione di una figura con l’altra, anche se queste figure sono soltanto reciproche fantasie interne».

La relazione matrimoniale si delinea come una relazione dinamica tra due persone fra le quali si costituisce «una dialettica interpersonale in cui il senso di essere io e il senso dell’altro si creano a vicenda e sono preservati dall’altro» (Giannakoulas, 1992).
Dicks sottolinea in particolare la funzione dell’idealizzazione nella fase dell’innamoramento, che permette la scelta del partner.

Il concetto di identificazione proiettiva arricchisce la comprensione del conflitto coniugale, che altrimenti rimarrebbe limitata al solo livello fenomenologico: ogni partner si sperimenta contemporaneamente come se stesso e come l’altro; può rappresentare alternativamente l’uno e l’altro dei modelli genitoriali incorporati; può rivivere e far vivere all’altro le emozioni rimosse esperite nelle relazioni con gli oggetti primari della propria infanzia.

La realtà però infrange l’illusione di ritrovare la relazione con le figure genitoriali e riaffiora l’ambivalenza verso l’oggetto d’amore in tutta la sua forza: «meno l’individuo è stato capace di risolvere la sua prima fase di sviluppo più queste strutture interne sono caricate al massimo e alla più lieve provocazione si verifica il comportamento regressivo» (Teruel, 1966).

«Nell’incastro tra i due mondi interiori», Dicks rintraccia l’essenza del processo collusivo: la reciproca attribuzione di sentimenti inconsciamente condivisi. La collusione in un matrimonio è l’espressione della persistenza di coinvolgimenti irrisolti con relazioni oggettuali del passato che bloccano la crescita e la maturità.

Una delle esperienze ricorrenti più interessanti quando si lavora con coppie tipo «cane e gatto» è il loro profondo senso di appartenenza. Ciò si spiega con un bisogno di complementarietà inconscia, una sorta di divisione di funzioni per cui ciascun partner offre parte di una serie di qualità che sommate creano una unità diadica completa.

Nella «resistenza collusiva» al cambiamento Dicks riscontra la manifestazione del diniego: la coppia che ostenta una tranquilla facciata di ad esempio, mantiene nel tempo una interazione apparentemente aconflittuale, con il rischio però di cadute depressive o su via psicosomatica, o,

Interazioni, n. 1, 1993, pp. 145-147

se esistono figli, in un disturbo del sé del bambino.
Nel ‘61 Laing così descrive la collusione: «La persona non desidera soltanto avere l’altro come gancio a cui appendere le proprie proiezioni. Si sforza di trovare nell’altro o indurre l’altro a diventare la vera e propria incarnazione della persona la cui collaborazione è necessaria a complemento dell’identità particolare che essa si sente costretta a sostenere».
La collusione offre, attraverso la costruzione di uno spazio psichico condiviso, un’illusoria soluzione di un conflitto intrapsichico percepito come irrisolvibile; si comprende così la persistenza nel tempo di unioni altamente conflittuali e disturbate. Le qualità rifiutanti, censuranti e persecutorie si ritrovano vicendevolmente: «È come se, nel loro contendere, l’oggetto cattivo facesse la spola dall’uno all’altro», in un processo continuo di proiezioni incrociate.
La scena sarà dominata dalla relazione con i fantasmi originari; la regressione lascerà emergere in forma primitiva i bisogni infantili; notevole sarà il lavoro inconscio per tenere a bada i sentimenti negativi. Ben lontana appare l’interdipendenza libera e flessibile di persone complete, con un’ampia gamma di identificazioni con oggetti interni disponibili.
All’estremo di questo processo si configura la patologia conclamata della folie à deux. Siamo nell’area del doppio legame dell’interazione «schizofrenica» laddove lo sforzo di far impazzire l’altro (Searles, 1959) ha la funzione di liberare il sé dalle proprie ingestibili follie.

Bibliografia

  • Bion W.R. (1961), Esperienze nei gruppi, Armando, Roma, 1971.
  • Dicks H. (1967), Tensioni coniugali, Boria, Roma, 1992.
  • Fairbairn W.R. (1952), Studi psicoanalitici sulla personalità, Boringhieri, Torino, 1977.
  • Giannakoulas A., Giannotti A. (1985), Il setting con la coppia genitoriale, in AA.VV., Il setting, l’approccio relazionale in neuropsichiatria infantile, Boria, Roma, 1985.
    Id., Presentazione all’edizione italiana di Dicks, Tensioni coniugali, Borla, Roma, 1992.
  • Haley J. (1963), La terapia di coppia, in Le strategie della psicoterapia, Sansoni, Firenze, 1974.
  • Kernberg O. (1982), Mondo interno e realtà esterna, Boringhieri, Torino, 1985.
  • Laing R.D. (1961), L’Io e gli altri, Sansoni, Firenze, 1969.
  • Searls H.F. (1959), Scritti sulla schizofrenia, Boringhieri, Torino, 1974.
  • Teruel G. (1966), Considerations for a Diagnosis in Marital Psychotherapy, Brit. J. Med. Psychol., 35, 231