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Identificazione

Fabio Tini, Maria Pia Buttiglione

Interazioni n° 1 (1992)

Identificazione. Concetto psicoanalitico formulato da Freud e ripreso dalla Klein come identificazione proiettiva. Rappresenta la modalità attraverso cui la relazione con l’oggetto viene interiorizzata andando a costituire le strutture psichiche della personalità. Questi concetti sono applicati da alcune scuole nella psicoterapia psicoanalitica della coppia e della famiglia.

Freud usò il termine identificazione già in alcune delle sue lettere a Fliess (1887-1904) ed in seguito nella Interpretazione dei sogni (1899), dove lo riprese secondo l’accezione comune, come una operazione mentale che determina la possibilità di condensare diverse rappresentazioni in un unico elemento; ma solo molto dopo, con la formulazione della teoria strutturale della mente il concetto di identificazione divenne un punto cardine nella descrizione dei meccanismi fondamentali che costituiscono il soggetto umano. Attraverso il lavoro clinico con i pazienti, infatti cominciò a individuarne il significato profondo collegato alla relazione d’oggetto e al suo destino nel mondo interno.
L’esposizione più completa che Freud ha tentato di dare del concetto di identificazione si trova nel cap. 7 di Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) in cui descrive tre modi di identificarsi:

  • come la prima manifestazione di un legame emotivo con un’altra persona. Questo tipo di identificazione viene comunemente denominato «Identificazione primaria» e si riferisce alla prima relazione del neonato con la madre, in quel periodo della vita descritta come fase orale primitiva, in cui investimento oggettuale e identificazione non vanno disgiunti l’uno dall’altra;
  • in secondo luogo essa può diventare per via regressa il sostituto di un legame oggettuale libidico mediante introiezione dell’oggetto nell’Io: si tratta in questo caso di «identificazione secondaria». Questa modalità è descritta in Lutto e melanconia (1915) come risultato del processo di elaborazione del lutto per la perdita di un oggetto d’amore. Il carattere stesso dell’Io sarebbe il risultato di «un sedimento di investimenti oggettuali abbandonati, contenente in sé la storia di tali scelte oggettuali» (L’Io e l’Es, 1922);
  • in terzo luogo Freud individua una modalità di identificazione non strettamente correlabile all’investimento libidico sull’oggetto, quanto piuttosto a qualche specifico elemento dell’oggetto con cui una porzione dell’Io si identifica. Sulla base di questa modalità di identificazione tipica della adesione delle masse al capo carismatico, Freud spiega anche il fenomeno dell’innamoramento.

Un più ampio sviluppo del concetto di identificazione proviene dal concetto di Identificazione proiettiva da parte della scuola kleiniana.
L’Identificazione proiettiva viene definita in un primo tempo dalla Klein in Note su alcuni meccanismi schizoidi (1946) come il prototipo della relazione oggettuale aggressiva, che rappresenta un attacco contro un oggetto attraverso l’introduzione in esso di parti dell’Io allo scopo di assumerne il controllo o di dominarlo; a questo segue una fase di riintroiezione dell’oggetto e delle parti dell’Io proiettate.
Elaborando la teoria kleiniana dello sviluppo dell’Io attraverso cicli ripetuti di introiezione e proiezione, Bion (1959) propone di distinguere una modalità di identificazione proiettiva, principalmente attiva nel rapporto del neonato con la madre, caratterizzata dalla necessità di proiettare dentro l’oggetto un proprio stato d’animo come mezzo per comunicare su questo stato. In tutti i casi, sia che si tratti di identificazione proiettiva patologica, sia che si tratti di identificazione proiettiva comunicativa (normale), si determina una fusione del Sé con l’oggetto.
Mentre la identificazione introiettiva manterrebbe intatto la distinzione fra me e non me e sarebbe corrispondente al fenomeno di identificazione di cui parla Freud.
Riprendendo il lavoro della Klein, Stefania Turillazzi Manfredi ritiene che l’identificazione proiettiva sia un tipo particolare di fantasia che molto spesso assume «una tale forza da produrre degli effetti reali in un’altra persona…» determinando una dinamica relazionale che essa definisce di identificazioni proiettive incrociate.
Nell’applicazione dei concetti psicoanalitici alla psicoterapia psicoanalitica della coppia Dicks (1977) parla esplicitamente di fenomeni di identificazione proiettiva fra coniugi soprattutto in relazione alla scelta dell’oggetto e alle vicissitudini della vita di coppia.

Nella scuola di terapia familiare a indirizzo psicoanalitico, il concetto di identificazione assume un valore ed una funzione diversi nella teoria e nella applicazione clinica a seconda delle scuole.

Nella scuola inglese ne viene valorizzato il significato relazionale sia tra i membri della famiglia che nella relazione con i terapeuti. Particolare risalto viene dato ai concetti di identificazione proiettiva e introiettiva considerati  come momenti importanti nel processo evolutivo normale e patologico. In particolare l’identificazione proiettiva è considerata «il maggior legame tra i concetti di ruolo e di processo inconscio tra individuo e gruppo e tra individuo e famiglia» (Sally Box).
La terapia familiare viene a ruotare intorno ai tentativi dei terapeuti di comprendere e analizzare il processo dell’identificazione proiettiva tra i membri della famiglia e, nella terapia, verso i terapeuti, al fine di «alleviare il peso che un membro o tutta la famiglia sopporta e… permettere
l’espressione di quelle parti fino ad allora tenute sotto controllo, proprio attraverso l’attribuzione di vari ruoli all’interno della famiglia» (Errica Moustaki).
L’identificazione proiettiva, pur presupponendo inizialmente la capacità di provare una certa differenziazione temporanea dall’oggetto (riferendosi alla fantasia di incorporare l’oggetto in una parte di sé o in tutta la persona), comporta una perdita del senso del sé, una confusione del limite tra sé e l’altro, una percezione alterata della propria identità e dell’oggetto nella loro relazione.
La identificazione proiettiva può assumere intensità e rigidità tali da diventare il meccanismo prevalente nelle relazioni familiari, con la conseguenza di un grave danno per lo sviluppo di ogni membro, perché ogni proiezione determina un impoverimento dell’individualità di tutti i membri
della famiglia.
L’interesse della terapia è «centrato sull’interpretazione attiva dell’uso che la famiglia fa delle proiezioni, sul modo in cui i suoi membri vivono i terapeuti» (Sally Box).
L’intervento familiare, nella scuola inglese, presuppone l’esistenza di un Io attivo sin dalla nascita e in grado di utilizzare i meccanismi della scissione e dell’identificazione proiettiva.
La scuola francese ipotizza una fase precedente alla costituzione di un io psichico individuale e teorizza l’esistenza di un «nucleo di indifferenziazione primaria» (Bleger, 1967) «destinato ad essere deposto nell’altro» con l’effetto di mantenere «una fusione tra depositario e deponente, caratteristica della simbiosi. In tal senso, il meccanismo è da distinguere dalla identificazione proiettiva kleiniana» (A. Ruffiot).
La terapia familiare, nella scuola francese, si interessa delle vicissitudini di questi processi primitivi e delle difficoltà occorse nel processo che porta «all’emersione degli Io psichici individuali» da questa massa originaria, da questo nucleo indifferenziato costituito da «madre-
padre-bambino».
«L’approccio terapeutico ha per obiettivo diretto la psiche familiare. l’apparato psichico familiare primario… con il favore della messa in funzione, nei terapeuti, dell’identificazione primaria suscitata, come per contagio, dall’apparato psichico familiare trattato» (Ruffiot).


Bibliografia

  • Bion W.R. (1967), Analisi degli schizofrenici, Armando, Roma, 1970.
  • Dicks H. (1977), Marital Tensions, Rutledge-Keagan, London (tr. it. Tensioni coniugali, Borla, Roma, 1991). 
  • Eiguer A. et al., La thérapie psychanalytique des couples, Dunot, Paris, 1984 (tr. it. Terapia psicoanalitica della coppia, Borla, Roma, 1986).
  • Eiguer A., Un divano per la famiglia, Boria, Roma, 1986.
  • Freud S., Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904, Boringhieri, Torino, 1986.
  • Freud S. (1898), Interpretazione dei sogni, in Opere, vol. 3, Boringhieri, Torino, 1966.
  • Freud S. (1914), Introduzione al narcisismo, in Opere, vol. 7, Boringhieri, Torino, 1975, pp. 443-472.
  • Freud S. (1915), Lutto e melanconia, in Opere, vol. 8, Boringhieri, Torino, 1976, pp. 102-118.
  • Freud S. (1921), Psicologia delle masse e analisi dell’Io, in Opere, vol. 9, Boringhieri, Torino, 1977, pp. 261- 330.
  • Freud S. (1922), L’Io e l’Es, in Opere, vol. 7, Boringhieri, Torino, 1975.
  • Hinshelwood K.D., Dizionario di psicoanalisi kleiniana, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1990.
  • Klein M. (1946), Note su alcuni meccanismi schizoidi, in Scritti, Boringhieri, Torino, 1978.
  • Klein M. (1955), Sull’identificazione, in Il nostro mondo adulto ed altri saggi, Martinelli, Firenze, 1972.
  • Laplanche J., Pontalis J.B., Enciclopedia della psicoanalisi, vol. 1, Universale Laterza, Bari, 1973.
  • Meltzer D. (1967), Il processo psicoanalitico, Armando, Roma, 1981.
  • Moustaki E., Glossario, in S. Box et al. (a cura di), Psicoterapia familiare, Liguori Editore, Napoli, 1985.
  • Ruffiot et al., Terapia familiare psicoanalitica, Borla, Roma, 1983.
  • Sandler J. (a cura di), Proiezione, identificazione, identificazione proiettiva, Bollati Boringhieri, Torino, 1989.
  • Turillazzi Manfredi S., L’unicorno. Saggio sulla fantasia e l’oggetto nel concetto di identificazione proiettiva, Rivista di psicoanalisi, XXXI, n. 4, 1985.