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Organo ipocondriaco familiare

A cura di: Simona Taccani, Mirella Cristel, Cistina Zorzato

Tratto da Interazioni n° 9

È Paul-Claude Racamier che, rifacendosi alle varie teorie psicoanalitiche (1) su quel complesso fenomeno conosciuto fin dall’antichità che è l’ipocondria, formula ne “Il genio delle origini” (4), il concetto di organo ipocondriaco familiare.
Egli definisce organo ipocondriaco di una famiglia quel suo membro (il figurante predestinato) che, pre-destinato ad incarnare il narcisismo materno e familiare, nei suoi versanti benefici e malefici, assume in alcune famiglie (famiglie Antedipiche) lo stesso ruolo che l’organo incriminato ha nel corpo del paziente ipocondriaco (2).

Per spiegare come il figurante predestinato arrivi ad assumere il ruolo di organo ipocondriaco familiare, Racamier si rifà al modello della ipocondria di Tausk (6), secondo il quale l’ipocondria è il frutto di una proiezione intracorporea.
In questo tipo di funzionamento patologico l’organo incriminato è un oggetto parziale scisso sul quale il soggetto malato proietta tutti gli aspetti dell’Io rifiutati. L’organo incriminato assume quindi la funzione di incarnare tutto ciò che rappresenta uno scacco per il narcisismo, ma ha nello stesso tempo un altissimo valore narcisistico perché è proprio grazie alla sua esistenza che l’Io viene preservato.

Il meccanismo proiettivo nella ipocondria, però, si esplica in modo paradossale, in quanto non riesce nella sua funzione di allontanare dall’Io ciò che è rifiutato e che non si vuol riconoscere. Questo fallimento consiste nel fatto che la “traiettoria” dell’oggetto proiettato rimane entro i confini dell’Io e dell’immagine del corpo: in questo senso si parla di una proiezione intracorporea.

Partendo dal modello di Tausk, Racamier ha elaborato il concetto di organo ipocondriaco familiare che applicato allo studio delle famiglie, in particolare delle famiglie a funzionamento psicotico, può rappresentarne una possibile chiave di lettura. Queste famiglie si caratterizzano per essersi costituite come un blocco monolitico chiuso, impermeabile allo scambio, inaccessibile alle differenze e immobile nell’inevitabile scorrere del tempo al fine di mantenere la loro propria omeostasi, organizzata intorno al fantasma di autogenerazione (4).

Secondo Racamier, quando all’interno di queste famiglie il figurante predestinato fallisce la sua missione di preservare l’ideale di autarchia e megalomanica follia, esso diventa l’oggetto di una proiezione gruppale che non riesce ad oltrepassare i limiti del rigido involucro che caratterizza queste famiglie e per questo viene denominata proiezione intrafamiliare.

In queste famiglie il figurante predestinato (come l’organo incriminato) è iperinvestito narcisisticamente e nel contempo è odiato in quanto rappresenta tutto ciò che costituisce uno scacco narcisistico per l’organizzazione familiare.
In sintesi, P-C. Racamier dice: il figurante predestinato, quando viene messo in scacco, diventa per la famiglia nel suo insieme ciò che l’organo incriminato è per l’ipocondriaco: il figurante predestinato diventa l’organo ipocondriaco della famiglia. Nella misura in cui l’ipocondria risulta da una proiezione ambivalente che rimane intracorporea, l’ipocondria familiare testimonia a sua volta una proiezione che non sorpassa i limiti dell’“involucro” della famiglia. In tal modo si esplica la doppia qualità così particolare di questo membro della famiglia, inseparabile e al contempo insopportabile, glorioso e al tempo stesso vile (3).

Il figurante predestinato quindi, in modo paradossale (5), incarna la funzione di baluardo dell’identità e unità familiare e rappresenta la estrema difesa contro la disgregazione psicotica. Nella clinica, è evidente quanti interrogativi queste famiglie pongano, in ambito istituzionale e non, ai terapeuti familiari e individuali, in ordine alla messa in opera di un dispositivo terapeutico.

Dalla data della sua prima formulazione, alla luce della ricerca teorico-clinica delle dinamiche intersoggettive e intergenerazionali, oggi abbiamo più chiaro il movimento dialettico che va dalla coppia parentale con le sue “failles” narcisistiche e la povertà di investimenti oggettuali, al figlio (o figlia) che non riuscendo ad ancorarsi ad un investimento narcisistico soddisfacente, fatto di sentimento di unità, di continuità, di valore e stima di sé, viene ad assumersi il ruolo di figurante predestinato.

Infine vorremmo, solo di passaggio (per la limitatezza della nostra esperienza) segnalare come, in una dimensione etnopsicoanalitica oggi sempre più attuale (2), questa configurazione familiare possa spesso ritrovarsi nella disorganizzazione somato-psichica delle famiglie migranti, laddove il traumatismo massiccio e la devastante sofferenza psichica dello sradicamento, sembrano trovare argine in questa “soluzione ipocondriaca”. Ci sembra che anche in questa dimensione il concetto di organo ipocondriaco familiare, trovi una applicazione e un utilizzo affatto diverso per l’approccio e la comprensione del disagio familiare.


Bibliografia
  • (1) Aisenstein A., Fine A., Pragier G., L'Hypocondrie, Puf, Paris, 1995.
  • (2) Nathan T., La folle des autres. Traité d'ethnopsychiatrie clinique, Dunod, Paris, 1986.
  • (3) Racamier P-C., Cortège conceptuel, Apsygée Editions, Paris, 1993 (tr. it. Corteo concettuale, Ed. CeRP, Milano-Trento, 1995).
  • (4) Racamier P-C., Le génie des origines, Paris, 1992 (trad. it. Il genio delle origini, Raffaello Cortina Editore,Milano, 1993).
  • (5) Racamier P- C., "Ambiguïté, paradoxalité", Gruppo, 1, pp. 114-121, 1985.
  • (6) Tausk V., Origine della "macchina influenzatrice" nella schizofrenia, 1919 (tr. it. in Reich W. et al., Letture di psicoanalisi, Boringhieri, Torino, 1972).