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Un libro sugli strumenti clinici che trascendono la psicoanalisi individuale merita di essere accolto con favore, tanto più quando si tratta di una nuova opera di tre autrici che hanno  già presentato il risultato di anni di pensiero e scrittura comuni. E’ un modo di mettere in pratica quello che predicano: con una scrittura collettiva, passano dal lavoro individuale alla costruzione di un legame che si potrebbe definire fraterno, professionale e, in un certo senso, familiare. In un andirivieni fra esperienza clinica, teoria e tecnica, le autrici si tengono salde alla nozione di dispositivo. L’uso di questo concetto diventa significativo se consideriamo la pratica clinica psicoanalitica un dispositivo che comprende una serie di elementi eterogenei e, come tutti i dispositivi, emerge in relazione a situazioni nuove e talvolta urgenti. Negli esempi clinici estesi e argomentati presentati dalle autrici, emerge spontaneamente il legame con la sofferenza. Quest’ultima può andare incontro a cambiamenti proprio come la soggettività. Alla luce delle attuali trasformazioni dei codici dominanti, come potrebbe restare immodificato il dispositivo creato dalla psicoanalisi più di cento anni fa? Questo eccellente lavoro corale, che mette allo scoperto l’esperienza clinica, presenta un percorso che pone interrogativi la cui risposta può scaturire solo dall’incontro con i lettori (Viriginia Ungar).

 

Susana Mauer, Sara Moscona e Silvia Resnizky sono psicologhe e psicoanaliste argentine, membri ordinari e didatte della Associazione Psicoanalitica di Buenos Aires (APdeBA) e dell’Associazione Internazionale di Psicoanalisi (IPA). Sara Moscona è anche membro ordinario e didatta della Associazione Argentina di Psicologia e Psicoterapia di Gruppo (AAPPG). Le autrici sono tutte professori ordinari nel Programma Specialistico di Studi sulle Famiglie e sulle Coppie dell’Istituto Universitario di Salute Mentale dell’APdeBA, programma coordinato da Silvia Resnizky.