Lo scorso 27 febbraio ha avuto luogo il Convegno annuale della SIEFPP, il network italiano della EFPP che quest’anno compie 30 anni. Il Convegno si tiene ogni anno nel mese di febbraio e lo scorso anno si era tenuto a Roma ed è stato uno degli ultimi eventi in presenza, pochi giorni prima del lockdown: avevamo avuto allora la partecipazione di Cristina Calarasanu, delegato della sezione PCFP presso il Board . Non potevamo ancora immaginare che il successivo convegno avrebbe dovuto essere organizzato in remoto per il perdurare delle difficoltà. Ma così è stato. Il Convegno quest’anno ha avuto luogo su Zoom e si è avuta una grande affluenza di partecipanti , quasi 500. Il tema del Convegno è stato : “Prendersi cura”. Prendersi cura è qualcosa di diverso e di più che curare. Curare implica il guarire il sintomo, la malattia, un rimedio ; mentre il prendersi cura ha un significato più ampio, in cui è messo in evidenza in particolare il valore della relazione e dell’attenzione alla persona nella sua globalità , alle nuove domande che l’altro ci pone ed ai nuovi processi terapeutici che possiamo offrire. Winnicott lo legava al tema dell’ambiente favorevole, favorire il processo di nascita personale. Diceva che prendersi cura : “potrebbe diventare anche il motto della nostra professione”.
La scelta di questo tema ha tratto ispirazione dall’esperienza che la SIEFPP ha fatto durante il lockdown. Si è trattato di un’esperienza unica, mai avvenuta prima , attuata in collaborazione con il Ministero della Salute. E’ stato organizzato un servizio di ascolto psicologico rivolto a tutti i cittadini e raggiungibile attraverso un numero verde. Sono stati offerti quattro colloqui gratuiti in remoto ( telefono o zoom/skype) con uno psicoterapeuta . Hanno partecipato circa 400 colleghi della nostra federazione . Si è trattato di un’esperienza importantissima che ha visto impegnati i colleghi a confrontarsi con un setting inconsueto cercando di prendersi cura delle persone che chiamavano e che portavano bisogni di ogni tipo. In alcuni casi è stato anche necessario accompagnare le persone verso un aiuto psichiatrico o sociale, ma nella grande maggioranza dei casi si è trattato di ascoltare le persone, le loro angosce, le loro ansie, avere una presenza partecipe di fronte ad una situazione esterna che aveva introdotto elementi di instabilità , paura, insicurezza, intollerabilità che talvolta rimettevano anche in contatto con vissuti pregressi che riaffioravano. I quattro colloqui hanno potuto essere di grande aiuto, hanno aiutato a contenere le angosce, arginare il riemergere di vissuti inelaborati, ridare fiducia, far sentire le persone viste, ascoltate nella loro realtà , permettere di attivare la resilienza e di affrontare le difficoltà del presente con maggiore solidità. Molto spesso le persone hanno espresso viva gratitudine, hanno detto di sentirsi meno soli. Un ascolto psicoanaliticamente orientato ha potuto aiutare in un setting assolutamente inedito. La ricostituzione della rete sociale sembra aver avuto un funzione importante in una situazione in cui il distanziamento sociale aveva interrotto i legami.
Questa esperienza ci ha fatto confrontare con una situazione completamente nuova che ci ha confermato l’importanza della psicoterapia e quella di cambiare aspetti della nostra tecnica. E’ stato importante adattare la tecnica al paziente e non il paziente alla tecnica.
Sono sorte tante riflessioni alle quali era necessario dare uno spazio ed avviare un confronto tra tutti noi. Il Convegno, quindi, ha potuto costituire uno spazio nel quale dare voce a tutti gli interrogativi, le suggestioni che erano emerse da quell’esperienza e che l’attuale situazione di pandemia faceva sorgere nel nostro lavoro e nella nostra vita.
Tornando, quindi, al Convegno , nella mattinata abbiamo avuto il piacere e l’onore di avere la partecipazione anche della Presidente EFPP Maria Eugenia Cid e del vicepresidente Hansjorg Messner i quali hanno riconosciuto il grande valore dell’attività del network italiano considerandolo un modello di organizzazione per la EFPP.
Una tavola rotonda, nella mattinata, ha visto la partecipazione dell’attuale presidente SIEFPP Alessandra Chinaglia , della ex presidente Maria Antonietta Fenu , della presidente della SPI Anna Maria Nicolò e il delegato della sezione gruppi Giorgio Corrente in rappresentanza delle varie associazioni del network, i quali, nei loro interventi hanno posto l’accento sull’attuale momento di crisi e sui nuovi vissuti di perdita, di solitudine , che ci impongono di dare sempre maggiore attenzione alle sofferenze psichiche e rendono necessario individuare nuovi strumenti di cura, nuovi aiuti. Ci troviamo in quella che si potrebbe chiamare una psicopandemia -è stato detto – ed è stata espressa l’indispensabilità di riportare la psicoterapia nel Servizio Sanitario pubblico . E’ stata anche espressa la necessità di una battaglia culturale per instaurare un piano nazionale per il benessere psicologico. E’ stato ricordato come negli ultimi 20 anni la psicoanalisi sia uscita dalle università e dalle istituzioni. Molti interventi hanno ribadito la vocazione sociale della psicoanalisi.
E’ stato ricordato come la psicoanalisi abbia una vocazione sociale che è andata perdendosi e che sembra importante ritrovare. A tal riguardo sono stati ricordati: Il Policlinico Psicoanalitico di Berlino (1920), le Hampstead War Nurseries di Anna Freud, il contributo dei Winnicott al Children’s Act. E’ stato ricordato come lo stesso Freud , provato dalla morte della figlia Sophie per la spagnola che allora mieteva molte vittime , parlasse dell’importanza di prendersi cura delle persone anche gratuitamente. Viene ricordato che la Tavistock ha aperto nel 1920 le prime strutture per rendere accessibile una cura psicoanalitica a chi non poteva permettersela.
La situazione della pandemia è un trauma che ci ha travolti, che ha attivato particolari difese. E’ un trauma collettivo che potrebbe essere trasmesso transgenerazionalmente alle generazioni successive. Lo sguardo psicoterapeutico è un’operazione di prevenzione riguardo alla trasmissione del trauma.
Il convegno è proseguito nel pomeriggio con i workshops. Vi sono state 5 sessioni parallele con 12 gruppi di lavoro. Ai workshop hanno partecipato sia soci che allievi con i loro lavori. Sono stati presentati 55 lavori.
I workshops hanno preso in considerazione vari temi, tra i quali l’importanza del prendersi cura dell’insegnamento nelle scuole di formazione in psicoterapia psicoanalitica che, in questa situazione di pandemia hanno dovuto impegnarsi a trovare nuove strade per trasmettere il sapere. La condizione di difficoltà vissuta dai terapeuti in tempi tragici di pandemia: la solitudine , lo sconcerto , il prendere in fretta delle decisioni come cambiare il setting, le modalità di incontro. Lo scompaginamento della nostra vita personale e professionale e la necessità di riorganizzarla in modo nuovo con la mobilitazione di risorse creative che possono produrre cambiamento e trasformazioni. La turbolenza a carico di strutture normalmente silenti (le istituzioni, il setting) che produce contraccolpi significativi a vari livelli determinando difficoltà nella realtà, nella percezione del futuro, creando incertezza a livello familiare e sociale , producendo un indebolimento della funzione stabilizzante dei garanti a livello sociale , familiare e intrapsichico. L’influenza di tutti questi fattori sul dispositivo terapeutico e sulla processualità dei percorsi di cura.
Da parte di tutti è stata affermata l’importanza che l’attuale crisi porti verso cambiamenti necessari. La pandemia ha reso urgente il lavoro sulla sofferenza mentale e sulle modificazioni del setting che si sono rese necessarie e che ci hanno anche arricchito facendo emergere la necessità di rinnovare gli strumenti terapeutici e mostrando l’importanza e il valore del prendersi cura insieme tra le varie associazioni.