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Interazione nella prospettiva sistemica

A cura di: Gemma Trapanese

Tratto da Interazioni n° 2

Per interazione si definisce quel processo attraverso il quale gli elementi scambiano i loro comportamenti, influenzandosi reciprocamente. Ciò presuppone l’esistenza di un contesto che offre condizioni di incontro e di azioni.

La Teoria dei sistemi, fornendo una riconcettualizzazione del comportamento umano, ha puntato la sua attenzione sullo studio delle relazioni tra, sulle loro forme e sugli effetti che esse producono.
Lo sguardo alle relazioni interpersonali (o inter-relazioni), derivate da quelle interazioni che hanno assunto un carattere di ripetitività, di ordine, di stabilità, di vincolo, quindi di struttura organizzativa, ha consentito di considerare la famiglia un’unità di analisi, composta da molto sottosistemi, interrelati e strutturati da regole. Naturalmente, questa unità di osservazione rimanda inevitabilmente alla relazione sistema osservato-sistema osservatore.

Gregory Bateson, all’inizio degli anni ‘50, domandandosi «quali effetti dell’effetto influiscono sulle proprie cause?» aveva cominciato a sostituire una visione antropologica circolare, al concetto lineare di causalità. Approfondendo gli effetti comportamentali (pragmatici) della comunicazione e della interazione umana, era arrivato in collaborazione con Don D. Jackson, psichiatra e psicoanalista, a sottolineare la necessità di riconoscere «qui ed ora» le interazioni che producono e mantengono problemi, onde procedere con interventi terapeutici mirati ed attivi. Da questa collaborazione è nata la prima formulazione della teoria del «doppio legame» (Bateson, Jackson, Haley, Weakland, 1956) e da qui l’ipotesi del «doppio legame» come elemento costitutivo del comportamento schizofrenico.

Partendo dagli studi e dalle ricerche condotti a Palo Alto dal gruppo di ricerca del Bateson Project, il contributo di Watzlawick ha fornito una interessante analisi della interazione umana in chiave comunicazionale. Se, quindi, dato un certo contesto, A e B interagiscono, ne deriva che ciò che dell’interazione può essere osservato cade nell’ambito della comunicazione. Non esistendo una teoria formale e completa dell’interazione, l’analisi dell’interazione finisce col coincidere con l’analisi della comunicazione, attraverso la quale il processo interattivo si compie. «Comunicazione è sinonimo di ciò che risulta osservabile in tale interazione» (Watzlawick).

L’interazione finisce con l’assumere, così, modalità peculiari, a seconda degli scambi in atto che possiamo leggere seguendo il canale verbale e quello non verbale. L’uso del videotape ha dato, tra l’altro, contemporaneamente, in questa fase di ricerca, un grosso contributo, attraverso lo studio della comunicazione non verbale, all’analisi globale delle sequenze interattive.

Nella sua visione olistica dei fenomeni l’epistemologia sistemica, pertanto, ha focalizzato la sua attenzione sui modelli di interazione, sulle relazioni tra gli elementi, sulle loro forme organizzative e ad un più alto grado di astrazione sulle regole che le governano e sulle loro trasformazioni.

Sempre considerando gli aspetti processuali della comunicazione, Watzlawick suggerisce, inoltre, la necessità di considerare l’interazione come un flusso di eventi comportamentali, emessi dai soggetti in fase interattiva. «Ogni interazione è un processo in cui il verificarsi di un certo evento influisce invariabilmente nel verificarsi di eventi futuri» (Watzlawick).

Per una data interazione viene, allora, concettualmente ribadita l’assoluta contemporaneità delle comunicazioni-comportamenti emessi, per evitare l’errore di ordinare il flusso degli eventi secondo delle arbitrarie sequenze.
L’interazione, allora, colta nel suo svolgimento, attraverso comportamenti interconnessi e influenzantisi reciprocamente, può essere letta, quindi, adottando il modello circolare della triade «stimolo-rinforzo-risposta», capace di superare la tendenza a ricercare «irregolarità» nel flusso degli eventi (Popper, 1962). Nella Pragmatica della comunicazione umana grande interesse assume così la nozione di relatività di punteggiatura dell’interazione.

Il contributo di Haley ha il pregio in particolare di evidenziare il contesto in cui avviene la «misurazione» dell’interazione. Infatti, il contesto, non solo comprende le istruzioni date e il luogo dove la ricerca si svolte, ma include necessariamente l’osservatore con le sue aspettative e i suoi pregiudizi. Egli andandosi di fatto domandando se le famiglie con un paziente psichiatrico siano poi diverse da quelle in cui tutti i membri sono «normali», affronta alcuni quesiti tra l’altro non scevri di implicazioni delicate: 1) come vengono studiate le interazioni familiari; 2) chi raccoglie queste «prove»; 3) in quale contesto.

Molte, intanto, in letteratura, le ricerche condotte al fine di rilevare le interazioni familiari: quelle con un osservatore presente che diventa inevitabilmente interagente con tutti i membri della famiglia; quelle in cui l’osservazione avviene senza intervento diretto, magari facendo ricorso a questionari o stimoli verbali per la conversazione (Jackson, Riskin, Stir, 1961; Watzlawick, 1966). Tutte in ogni caso basate sulla concettualizzazione della famiglia come un’unità interattiva, che si muove entro un contesto sociale e temporale. Le rappresentazioni che dalle relazioni familiari sono state ricavate, non possono, allora, che discendere da precise e diverse concezioni circa il funzionamento della famiglia, alcune delle quali, infatti, hanno posto l’accento sugli aspetti sincronici, quali il funzionamento organizzativo e i pattern interattivi che lo caratterizzano, o su aspetti diacronici, quali gli aspetti trasformativi e riorganizzativi (ciclo vitale, nuovi compiti familiari). Malgrado lo «sforzo a connettere» in un’unica struttura di pensiero questi e quelli, è inevitabile che si sia giunti a concezioni che hanno privilegiato gli uni e gli altri.

Le strutture comunicative e i diversi stili di problem-solving sono solo alcuni degli aspetti divenuti oggetto di studio. Va ribadito intanto che gli approcci metodologici utilizzati sono stati molto spesso diversi e hanno contemplato procedure sperimentali di laboratorio, prospettive longitudinali e trasversali, analisi di micro e macro sistemi.

L’attenzione si è focalizzata sulle trasformazioni dell’individuo e delle relazioni interpersonali, capaci di segnalare lo sviluppo evolutivo della famiglia. Proprio relativamente all’organizzazione familiare importanza è stata data al concetto di crisi. Lo sviluppo non può avvenire se non per crisi, perché la famiglia approdi quindi ad una nuova identità organizzativa, attraverso una complessa dinamica processuale fisiologica. L’interesse per la famiglia normale pertanto, ha portato interessanti precisazioni riguardanti il funzionamento familiare, all’interno di vari modelli clinici, che pur riconoscendosi quasi tutti nella prospettiva sistemica, sono poi arrivate ad elaborare in maniera diversificata i concetti di normalità e disfunzionalità familiare. Privilegiando del funzionamento familiare ora gli aspetti di connessioni intergenerazionali, ne sono quindi derivate le diversità operative dei vari modelli teorici, che nel panorama generale possono così essere classificati (Froma Walsh, 1982): modello strutturale (Minuchin, 1974; Minuchin-Montalvo, Guerrney Rosman e Schumer, 1967; Aponte e Van Veusen, 1981); modello strategico [gruppo di Palo Alto, Scuola di Milano (Selvini Palazzoli, Boscolo, Cecchin e Prata, 1978); Haley]; comportamentale (Patterson, Reid, Jones e Conger, 1975; Liberman, 1970; Weiss, 1978); modello psicodinamico (Akerman, 1958; Meissner, 1978; Bosszormenyi Nagy e Spark, 1973; Framo, 1970; Stierlin, 1974); modello di Bowen e modello esperenziale (Satin, 1964, 1972; Whitaker e Keith, 1981).

Bibliografia

  • Bateson G., Jackson D.D., Haley J., Weakland J.H., Toward a Theory of Schizophrenia, Behaviorce Science, 1956.
  • Haley J. «Research on Family Patterns: an Instrumentmeasurement», Fam. Pro., n. 3.
    Jackson D.D., Yalom J., Family Interaction, Family Homeostatis and Some Implications fon Conjoint Family Psychotherapy, in J.H. Masseiman (ed.), Individual and Family Dynamics, Grune and stratton, New York, 1959.
  • Riskin J., Family Interaction Scales: a Preliminary Report, Archiv. Gen. psych., n. 11, 1964.
  • Watzlawick P., Beavin J.H., Jackson D.D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971.
  • Selvini Palazzoli M. et al., Paradosso e ricerca sui sistemi in terapia familiare, Angeli, Milano, 1983.
  • Cigoli V., Galimberti C., Psicoanalisi e ricerca sui sistemi in terapia familiare, Angeli, Milano, 1983. Froma Walsh (a cura di), Stili di funzionamento familiare, Angeli, Milano, 1988.